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L’avvento di Justin Lin e la leggenda di Han. The Fast & the Furious: Tokyo Drift

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Ha ragione lui.

Ha ragione lui.

All’inizio c’era un piccolo film del 2002, di nome Better Luck Tomorrow.
Prendeva spunto da una storia vera e parlava di uno studente americano di origini asiatiche secchione, emarginato e annoiato, che si fa coinvolgere in una gang dedita a piccole attività criminali, a livello scolastico e oltre. Sapete come vanno queste storie: prima ti fai incantare dai soldi e dalla popolarità e punti sempre più in alto, poi la situazione ti sfugge di mano, le conseguenze diventano ingestibili, ti penti ma ormai ci sei troppo dentro, ecc…
Nella gang spiccava un personaggio in particolare: un po’ più grande degli altri, la reputazione alle stelle, l’aria perennemente rilassata di chi non capisci se ne ha viste tante nella vita che niente lo smuove o se semplicemente ha fumato troppo (50/50, alla luce dei fatti). Il suo nome era Han, e l’attore che lo interpretava era Sung Kang. Il regista del film era – vediamo se indovinate – Justin Lin (bravi!).
Better Luck Tomorrow non è per forza il tipo di film che dopo aver visto corri in strada a raccontarlo con urgenza a tutti: è molto caruccio, ha i suoi momenti, è ammirabile soprattutto nella sua confezione sicura e nel non voler mai essere sopra le righe, ma non ha guizzi particolarmente memorabili. In giro fa comunque la sua porca figura. Ad esempio, dopo una proiezione al Sundance diventa il primo film acquistato da MTV. Ma soprattutto, fa segnare il nome di Justin Lin sul taccuino degli addetti ai lavori.

Il giovane Han e i suoi amici che saranno più fortunati domani

Il giovane Han e i suoi amici che avrebbero dovuto aver miglior fortuna domani

Il primo film del Justin con una major, la Touchstone, è Annapolis: trattasi di una specie di Top Gun misto a Ufficiale e Gentiluomo con protagonista James Franco quando ancora cercava di diventare una star di Hollywood in senso classico. La trama è una puttanata standard senza particolari guizzi, ma la pellicola ci interessa per tre motivi:
1) Justin ha modo di far vedere che lavora bene;
2) nel cast, guarda te a volte il destino, ci sono ben due membri della FAMIGLIA, ovvero Jordana Brewster (Mia Toretto, FF1) e Tyrese Gibson (Roman Pearce, FF2);
3) in un ruolo secondario c’è Roger Fan nei panni di Loo, un personaggio di Better Luck Tomorrow.
Il primo punto diventa importante nel momento in cui non solo evidentemente si sparge la voce e la Universal decide subito, prima di aspettare l’effettiva uscita del film, di mettergli in mano The Fast & the Furious 3, ma lo incarica anche di iniziare a lavorare su un remake di Oldboy. Ve lo ricordavate? Dieci anni fa, prima che ci riuscissero Spike Lee e Josh Brolin, prima che ci provassero Steven Spielberg e Will Smith, il progetto era stato affidato – in un assordante coro di “chi???” – a Justin Lin. Con l’interesse di Nicolas Cage. Justin rilasciò interviste in cui dichiarava di aver accettato l’incarico solo perché gli avevano giurato che avrebbero lasciato il finale uguale all’originale, poi non è dato sapere cosa successe – forse gli incassi di Annapolis? – ma non se ne fece più nulla.
Il secondo punto è una pura coincidenza, in quanto nessuno dei due comparirà in FF3.
Il terzo punto testimonia l’affetto di Lin per il film che l’ha lanciato: Better Luck Tomorrow non raccontava il destino dei suoi protagonisti dopo i fatti narrati, per cui il Justin trovò buffo iniziare a farlo in altri film, come specie di inside joke.

Metafora

Lucas Black nei panni di una metafora di The Fast and the Furious: Tokyo Drift

The Fast & the Furious 3 trova la Universal nella situazione di chi ha capito che Paul Walker da solo non regge la saga ma trova marchio e concept ancora sfruttabili, per cui trasforma il sequel in un reboot. Nuovo cast, nuova storia, nuovo target. Si rinuncia alla parte poliziesca e si punta dritti ai teenager con una storia che questa volta ricalca il classico film sportivo alla Karate Kid: un giovine dell’Arizona viene spedito in Giappone dal padre scopo imparare a rigare dritto, è disorientato ed emarginato, si innamora della bella del quartiere che guarda caso è fidanzata con lo stronzo del quartiere, le corse clandestine su auto pimpate al posto del karate, il Tokyo Drift al posto della mossa della gru, il maestro saggio, un pizzico di mafia giappo per non farsi mancare nulla, buona lì. Esattamente il tipo di film che daresti in mano a uno a cui hai appena fatto girare Annapolis. Nonché un suicidio annunciato.
Justin Lin osserva la situazione e decide che nel ruolo del maestro – un maestro atipico, giovane, cool, disilluso, intrippato con le corse clandestine e con un passato da cannaiolo – ci vede benissimo il destino di un altro personaggio di Better Luck Tomorrow: il mitico Han.
Ma soprattutto: considerando il materiale che ha a mano, ci prova.
Il Tokyo Drift del titolo consiste nel cacciare un gran frenotto e controsterzo e far strisciare l’auto sull’asfalto lateralmente, manco fosse sui pattini, in maniera controllatissima, scopo affrontare le curve strette alla maggior velocità possibile. È una bella tecnica da vedere, nonché effettivamente l’unico vero pseudo-asso nella manica a disposizione. Justin la sfrutta fino all’ultima goccia innanzitutto ingaggiando veri piloti esperti che facessero ogni stunt dal vivo, usando il CGI solo per aggiustare l’ambiente attorno (con effetti che però a volte pastrocchiano comunque troppo e verranno abbandonati nei film successivi): inizia secco con una corsa in un parcheggio in cui il villain D.K. (“Drift King”) se la danza fra rampe strette e curve a gomito mentre il nostro eroe Sean fa la figura di chi ha preso la patente ieri. Quando si arriva all’inseguimento in strada in cui quattro auto driftano costantemente in slalom in mezzo al traffico la faccenda diventa un po’ ridicola, ma c’è ancora il tempo per la mia scena sborona preferita che è la curva pattinata in mezzo alla folla di pedoni che si apre – i primi lampi di poesia della serie. Notevole comunque anche la corsa finale su strade strette di montagna, a driftare sul ciglio di burroni.

Una macchina che compare davvero nel film

Una macchina che compare davvero nel film

Se quindi le scene action sono tranquillamente all’altezza della situazione e seguono diligentemente la grammatica dettata dai primi due film – inclusa la colonna sonora più orribile possibile – il problema sta ovviamente in mezzo, dove il protagonista Lucas Black è volenteroso ma non esattamente magnetico, e Han ha carisma da vendere ma è sempre rilassato, e se non si impressiona lui figurarsi noi.
Il resto, narrativamente parlando, naviga un po’ a vista fra le convenzioni del genere rimanendo a galla con decoro nei tristi binari di un film costretto ad essere super cool per i teenagerz, ma senza trovare la solidità dei film precedenti. Dispiace soprattutto perché se lo si paragona alla media dei film con lo stesso target dimostra ben più mestiere della media, ma nel contesto della saga di Fast & Furious diventa inevitabilmente il cugino scemo. Che non è poco se consideriamo che il primo era un clone spudorato di Point Break, ma questo la dice lunga principalmente sull’ingombranza di Vin Diesel.

Che comunque i giovani di Tokyo non avevano un cazzo da fare a parte driftare

Che comunque i giovani di Tokyo non avevano un cazzo da fare a parte driftare

Ma passiamo alla questione più controversa: la continuity.
Il discorso che segue spoilera FF3 (e tutti gli altri) solo per chi non ha visto nemmeno il finale di FF6, nel senso che chi ha seguito la saga fin qua dovrebbe ormai aver imparato che cronologicamente parlando il terzo film si piazza in realtà appunto fra il sesto e il settimo. Non vi fa già ridere così, a sapere che la saga di Fast & Furious ha una timeline che Terminator ci fa un baffo? E senza un vero motivo, se non un capriccio gratuito di Justin Lin?
Il punto però è che la sceneggiatura dei film seguenti fa acrobazie per far filare tutto, e ce la fa.
Di base, ormai lo sapete: Han muore a metà del terzo film, investito a tutta velocità da una Mercedes durante un inseguimento per le strade di Tokyo. Eppure, eccolo vivo e vegeto senza un vero motivo nel quarto film: partecipa alla rapina iniziale, poi parla con Dom e confessa “dicono che a Tokyo succedono cose pazze”. In un cortometraggio che fa da prologo, Los Bandoleros, diretto da Vin Diesel in persona e presente negli extra del dvd, Han arriva in Messico per incontrare Dom e partecipare alla rapina, e in una scena scopriamo che ha sempre vissuto negli Stati Uniti e non è mai andato in Asia: questo lo piazza, alla grossa, in Better Luck Tomorrow.
Nel quinto film è ancora lì, diventa parte integrante della famiglia e si innamora di Gisele, interpretata da Gal Gadot, la quale a un certo punto fa un riferimento al suo passato da fumatore. Alla fine dell’avventura lo scambio tra loro due è “potremmo andare a Madrid” “ma non volevi andare a Tokyo?” “poi andremo anche a Tokyo”. Scopriamo inoltre dal database dell’FBI che il suo nome completo è Han Seoul-Oh (pronuncia: “Han Solo”).
Nel finale del sesto, Gisele contrae il morbo della morte: è il perfetto set-up che spiega un Han ancora più disilluso nel terzo film, e combacia con la scena in cui racconta di non avere problemi di soldi (i bottini delle rapine fatte con Dom) e di essere fuggito a Tokyo “come i cowboys che se ne vanno in Messico”. Ed è ovvio che riguardando questo terzo capitolo, da bravo nerd, mi sono concentrato sulla scena dell’incidente per vedere se combaciava con la versione rivista alla fine del sesto. Ed effettivamente non vediamo nessuno uscire dalla Mercedes che investe Han: qualcuno potrebbe fare il pignolo e dire che si sarebbe dovuto vedere il Jason Statham in un paio di campi larghi e che è buffo che con tutta quella folla intorno nessuno lo noti mentre si allontana in tutta calma facendo una telefonata, ma la commissione me la dà buona. Complimenti a tutti.

Una gran coppia

Una gran coppia

Alla fine del terzo film appare a sorpresa Vin Diesel, pronto a sfidare Sean a una corsa clandestina, dopo avergli spiegato di essere amico di Han. La storia è che Justin Lin, incoraggiato dalla produzione che di colpo sentiva il bisogno di un po’ di pubblicità extra, si infiltrò a casa sua per cercare di convincerlo. Ne nacque una chiaccherata durante la quale, a sentire Justin, vennero subito fuori parecchie delle idee poi usate nel resto della saga. Vin finì per accettare la comparsata chiedendo in cambio i diritti del personaggio di Riddick, di proprietà della Universal, ma è ovvio che fu il primo seme che portò alla clamorosa reunion del 2009, a mantenere Lin a bordo del progetto, e a regalarci una nuova trilogia che ha battuto quella originale diventando la saga più grossa del terzo millennio.
A te la palla, James Wan.

DVD-quote:

“Bisogna toccare il fondo per risalire più forti di prima”
Nanni Cobretti, i400Calci.com

>> IMDb | Trailer

Il più grande contributo di Lucas Black alla cultura popolare

Il più grande contributo di Lucas Black alla cultura popolare

P.S.: fra il terzo e il quarto Fast & Furious, Justin Lin ha girato al prezzo di un pacchetto di caramelle Finishing the Game, una commedia demenziale che si immagina la ricerca di un sosia di Bruce Lee per completare le riprese dell’Ultimo combattimento di Chen. Compare Roger Fan nel ruolo di “Breeze Loo”, e Sung Kang in un ruolo diverso da Han. È simpatica, dai.

P.S. 2: non mi interessa se qualsiasi cretino è bravo a ragionare col senno di poi, voglio tornare indietro nel tempo e vedere un Oldboy di Justin Lin con Nicolas Cage


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