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Un nuovo modello di antieroe: Rampage – Capital Punishment

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Benvenuti amici fancalcisti: la lezione di oggi si chiama “non importa cosa fai, importa quanti se ne accorgono (o al massimo chi)”.

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Volevo fare un ricerchino, poi però ho deciso che mi scocciava, per cui vi cito gli unici due episodi che mi balzano in mente in questo momento (poi voi se vi divertite aggiungetene nei commenti).

Episodio 1: LO SAPEVATE? Schegge di follia, una superchicca del 1990 con Christian Slater e Winona Ryder, è bandito dalle televisioni italiane. Il motivo? La prima volta che l’hanno dato in tv un tizio mentre lo guardava s’è suicidato. Siccome il film ha a che fare con omicidi, suicidi e generica insoddisfazione adolescenziale, LA GENTE ha deciso che era colpa sua. Da allora, salvo eventuali sviluppi recenti di cui non sono al corrente, nonostante la fama mondiale di gran cult, il film è sparito dal territorio nazionale.

Episodio 2: LO SAPEVAT… Sì dai, questa la sapevate. Seung-Hui Cho, 23enne coreano, prima di massacrare circa 32 studenti alla Virginia Tech, lasciò un dvd con lo spiegone e un servizio fotografico che lo ritraeva, tra le altre cose, in posa con un martello come Choi Min-Sik in una famosa inquadratura di Oldboy. In quei giorni, leggere come i quotidiani generalisti trattavano il capolavorone di Park Chan-Wook era una sofferenza atroce. Minore di quella dei conoscenti delle vittime, certo, ma maggiore di quella di coloro a cui fregano la bici dal parcheggio della stazione, ve lo garantisco. Il film non venne bandito, ma si fece una pessima fama: la storia di un tizio che viene rinchiuso forzosamente in una stanza per 15 anni ed esce visibilmente contrariato poteva essere esempio negativo per tutti coloro che analogamente erano stati forzosamente rinchiusi per 15 anni in una stanza, suppongo.

Tanti film hanno subito lo stesso tipo di attacco mediatico e polemiche: Arancia meccanica (bandito per diverso tempo in più paesi), Natural Born Killers e i film di Tarantino in blocco, Trainspotting, ecc… E non so se vi ricordate The Program, film semi-inutile sul football che divenne famigerato per una scena (in CGI) in cui il protagonista sfida l’adrenalina sdraiandosi a leggere un libro in mezzo alla strada sulla linea fra una corsia e l’altra, cosa che provocò l’emulazione di diversi adolescenti dell’epoca (io incluso, perché ero persino più scemo di adesso) ed effettivamente qualche ferito/morto. Oggi invece quei vigliacchi delle Sentinelle in Piedi se ne stanno comodi e appunto in piedi a leggere nelle zone pedonali, pronte a scappare al volo se per caso dovesse tirare comunque male.

La posizione del corpo in relazione all'esplosione e' a norma

La posizione del corpo in relazione all’esplosione e’ a norma

ANYWAY: Uwe Boll.
Uwe Boll è balzato alle cronache per aver girato un paio di film davvero malissimo (House of the Dead e Alone in the Dark) ed essersi preso una marea di meritati insulti, gonfiatisi all’inverosimile grazie a un nome buffo e facile da ricordare ma soprattutto alla sua prontezza di riflessi e al suo innato talento per la risposta provocatoria.
Uwe se l’è sfangata per un po’ tra b-movie dal cast incredibile e chicche di situazionismo da annali, alternando action insipidi per batter cassa ad esperimenti provocatori che sfidavano il buon gusto, e pigliandosi quel tipo di recensioni che buttavano tutto nello stesso mucchio indistintamente (tranne qua, come è ovvio che sia).
Poi, dopo la leggendaria T.R.O.L.L. (Trilogia Riguardante Olocausto e Luoghi Limitrofi), è virtualmente sparito.
Di base, oggi Uwe Boll gode della libertà, quella vera, che hai solo quando sei consapevole che ormai non fai più notizia e i tuoi film verranno virtualmente ignorati.
Venderanno, ovvio, perché se non hanno speranze di vendere non si trovano manco i soldi per girarli, ma se Darfur e Auschwitz non hanno indignato nessuno, che vuoi che succeda?
Cinque anni fa, Uwe aveva girato il suo capolavoro: Rampage. Il suo film più concentrato, intenso, efficace. Una versione di Un giorno di ordinaria follia che rispettava davvero le premesse, senza scuse o paraculaggini morali di alcun tipo.
Oggi è il momento di alzare la posta: non più semplice violentissimo massacro casuale scopo sfogo escapista, via di serissima propaganda attiva!
Vedete, il nostro protagonista Bill si è nascosto per cinque anni, ma non è stato fermo: ha continuato a documentarsi, ha trasformato il suo viziato e frustrato qualunquismo in un fenomeno web che conta migliaia e migliaia di seguaci in tutto il mondo, è diventato una star della contro-informazione, ma non ha cambiato idea su i mezzi per ottenere il suo ideale di giustizia.
Il capitalismo è malvagio, le megacorporazioni ci truffano, i politici mentono ed entrambi insieme sperimentano forme di controllo bio/psicologiche alle nostre spalle: per risolvere tutto bisogna uccidere un fracco di persone.
Bisogna far passare le informazioni dal web, fare tabula rasa dell’attuale sistema di governo, far tornare il potere alla gente, e la soluzione è allearsi con ideali di estrema destra.
Capito che immaginazione galoppante che ha Uwe Boll?
Voi ridete, e fino a un certo punto fate bene.

C'e' SEMPRE tempo per una selfie

C’e’ SEMPRE tempo per una selfie

Bill inizia il riscaldamento con una scena francamente grandiosa: si arma e corazza di tutto punto, piazza una sedia da campeggio in un vicolo, ci si spaparacchia sopra e PEM! In totale comodità, spara tutti quelli che passano e li trascina con pazienza nel vicolo per accumularli di fianco a lui.
Quando si sente pronto e sgranchito a sufficienza, si prende su e inizia la missione: entra in uno studio televisivo, massacra quelli che gli stanno tra i piedi, prende in ostaggio un giornalista, qualche operatore e un altro pugno di gente a caso per sicurezza, si barrica dentro e la sua unica richiesta è un’intervista in diretta seguita dalla messa in onda di un suo dvd.
Dal lato puramente cinematografico ho poco da obiettare: Uwe è al suo meglio quando deve filmare violenza sporca e grezza e farla pesare, e qui ci sguazza. Brendan Fletcher nei panni di Bill si tiene l’intero film sulle spalle e se la cava con grinta improvvisando parecchio. È accreditato come co-sceneggiatore ed è ovvio che si sia limato il personaggio su misura: se lui non ci credesse nessuno lo farebbe, e lui ci crede. Regna il didascalismo più becero, ma quello bene o male lo si sapeva anche prima di premere Play. L’unica cosa davvero fastidiosa è lo stratagemma di chiamare il giornalista “Chip”, in modo che il nostro eroe possa sfotterlo e umiliarlo di continuo facendo il verso dell’uccellino. Va comunque tutto alla grandissima per almeno mezzora, poi il film si impantana un po’ nei risaputi limiti del sottogenere “assedio con ostaggi” facendo subentrare un po’ di noia.
Finalmente, nell’ultima mezzora, il dvd di Bill viene messo in onda e mostrato agli spettatori, e si scopre fino a che punto Uwe fa sul serio.
È qui che il film trascende le mere necessità narrative: le accuse di Bill sono ragionate, compiute, e sostenute da immagini di repertorio. Volano tutte le accuse che potete immaginarvi: i media che manipolano il popolo, le motivazioni economiche della guerra in medio-oriente. Volano accuse di illegalità a Obama (filmato di repertorio di Obama), e beatificazioni di Snowden e Assange come i veri eroi martiri dei nostri tempi (filmati di repertorio di Snowden e Assange).
È un sermone puro, curato e dettagliato il giusto: Boll non vuole rappresentare un personaggio che crede in queste cose, Boll vuole che VOI riflettiate su queste cose. Che seguiate con attenzione. Che vi rendiate conto che sta dicendo cose vere, e non invenzioni narrative. Che vi indigniate e ragioniate sulle conseguenze, come nel pippone ambientalista di Steven Seagal nel finale di Sfida tra i ghiacci.
Non lo fa fronteggiare da veri avversari, gli pone davanti obiezioni deboli e ingenue, e l’unico momento in cui lo mette alla prova è quando la polizia riesce a farlo telefonare dal padre e Bill si abbandona a un momento di umanità che però, se proprio, aumenta ulteriormente l’empatia nei suoi confronti.
E la conclusione logica a cui vuole che arriviate è: bisogna massacrare una larga fetta di popolazione.
E siccome bisogna disintegrare ogni dubbio, il nostro protagonista Bill guarda proprio dritto in camera e dichiara “Ma non posso farcela da solo. Ho bisogno di VOI”.
Signore e signori, la definizione di “antieroe” è appena salita di livello.

Prenderla comoda

Prenderla comoda

Di base, guardare Rampage 2 è come assistere a un misto cinematografico tra una partita a GTA e la pagina Facebook di un complottaro poco sopra la media più ignorante.
È Taxi Driver, tranne la parte in cui il protagonista è clinicamente matto.
O un Pump Up the Volume completamente fuori controllo, tanto per citare un’altra vecchia robina con Christian Slater.
C’è il gusto della provocazione politicamente scorretta, ma non nel senso di mostrare cose pazze/violente/volgari bensì nel (fingere di?) promuovere una morale totalmente irresponsabile, per metà riparati dalla consapevolezza di passare sufficientemente sotto ai radar da non attirare guai seri, e per l’altra metà segretamente desiderosi di vedere cosa succede, per trollare o per smascherare eventualmente l’ipocrisia di chi si lancia contro interpretazioni laterali potenzialmente diseducative di film famosi (o sfigati), e poi ignora chi invece dice le cose in faccia chiare e tonde senza filtri, giri di parole o paraculate varie. Perché alla fine dei conti, l’albero che cade solitario nella foresta è più silenzioso di un pesce imbavagliato in una vasca insonorizzata. E una tale overdose di arrogantissima anarchia, nel 2014, è di una freschezza micidiale.
Rampage: Capital Punishment.
Regolarmente in vendita su Amazon USA e in tutti i negozi specializzati.
Gli stessi che sollevano casini epici se scoprono che uno dei personaggi fuma.
Un solo Uwe Boll, per questo pianeta, è troppo poco.

Fate girare.

Fate girare

DVD-quote:

“La verità è un virus”
Nanni Cobretti, i400Calci.com

>> IMDb | Trailer


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